Di tanto in tanto salta fuori una sigla nuova, una scocciatura nuova, una novità che poi si rivela essere solo un peso in più da portare!
Tutto può essere fastidio, inutile fatica, perdita di tempo. Dipende da come usiamo gli strumenti e dall’atteggiamento che assumiamo. Ma, per non fare la parte del tifoso, provo presentare il 231, lasciando aperto il giudizio sulla sua utilità.
231 è una sigla che abbrevia decreto legislativo 231/2001 – disciplina della responsabilità amministrativa delle organizzazioni, imprese e associazioni. Questa norma, che ormai ha dieci anni, ha introdotto la responsabilità organizzativa che va ad aggiungersi alla responsabilità individuale. Un bel salto se ci si pensa. Per determinati reati (un elenco che tende a crescere) non solo è responsabile la singola persona che materialmente commette il reato, ma anche l’organizzazione in cui questa persona lavora (se non sono state introdotte specifiche disposizioni o vincoli preventivi). L’obiettivo del Legislatore è fare crescere la responsabilità d’impresa, l’attenzione per gli effetti di scelte e comportamenti intrapresi dalle organizzazioni, riconoscendo così l’impatto che esse hanno nella nostra società.
Il decreto 231/2001 ha stabilito sfere di responsabilità organizzativa riferendosi a precise tipologie di reati: corruzione, concussione, reati informatici, reati societari (falso in bilancio, false comunicazioni, ecc.), reati di abuso di mercato, reati contro la persona, violazione del diritto di autore.
Reati che possono venire commessi da persone che ricoprono ruoli di amministrazione o di direzione, di responsabilità gestionale o operativa, alla ricerca di vantaggi per l’impresa.
L’impresa deve valutare quali reati sono pertinenti con le sue attività e se corre vi sia il rischio che vengano commessi nell’ambito del suo funzionamento organizzativo.
Le imprese, e quindi anche le cooperative sociali, si devono dunque impegnare a prevenire il rischio di commettere i reati ricompresi nell’ambito del decreto legislativo 231/2001. In che modo prevenire e scongiurare che vengano commessi reati?
Dipende. In genere sì. Ma se lo sono davvero non dovrebbero incontrare difficoltà nell’introdurre le disposizioni previste dal decreto legislativo 231/2001. Se si guarda con attenzione, si tratta di rendere operativi principi che sono nella storia della cooperazione sociale: identificazione dei comportamenti potenzialmente rischiosi, chiarezza dei compiti e delle responsabilità, controllo interno sui processi e sulle figure che hanno ruoli di responsabilità, esplicitazione dei comportamenti attesi e di quelli vietati, trasparenza e rendicontazione.
Perché una cooperativa sociale dovrebbe introdurre le disposizioni previste dal decreto legislativo 231? Quali sono gli obiettivi che la cooperativa potrebbe porsi adottando un sistema di responsabilità organizzativa?
Dall’attenzione per l’amministrazione e per la gestione dipendono servizi importanti per molte persone, molte delle quali vivono in condizioni di vulnerabilità o di disagio. Dal buon funzionamento organizzativo dipendono anche molti posti di lavoro.
Ma l’attenzione per la responsabilità non investe solo le dimensioni interne. Prendersi cura della cooperativa e del suo funzionamento significa essere consapevoli dell’impatto che le imprese hanno sull’ambiente e nelle comunità. Impegnandosi per evitare comportamenti scorretti, dannosi, rischiosi, che possono configurarsi come reati si aiuta l’organizzazione a funzionare bene e si sviluppa una cultura della responsabilità che si riverbera nei territori e nella società.
La cooperativa sociale di cui sto parlano esiste davvero;-)
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