Parlare di un giornalismo indipendente, di mezzi di comunicazione indipendenti oggi può sembrare un’utopia. Molti diranno che ormai stiamo vivendo in un villaggio globale, del quale il grande guru della comunicazione, Herbert Marshall McLuhan, aveva già predetto. É vero che le teorie di McLuhan ci permettono di capire l’estensione dei sensi dell’uomo attraverso i mass-media. E come dice il ricercatore messicano Javier Esteinou Madrid: “il villaggio globale non solo ha dato l’origine a un prolungamento della sensibilità umana, ma sopratutto a un prolungamento delle istituzioni sociali e del potere attraverso a uno stato strategico ampliato”. Ciò ci permette di capire, per esempio, come mai già dal secolo scorso le guerre non si combattono solo sui campi di battaglia e nelle trincee, ma attraverso i mass-media. In questo senso, lo spazio simbolico si costruisce ogni giorno attraverso i “solchi della comunicazione” e alle loro estensioni, e ogni giorno si ricostruiscono e si distruggono processi di vita quotidiana, in particolare nelle città.
Un altro esempio è come il mondo ha vissuto la cosìddetta “Primavera Araba”. Se cerchiamo di leggere in un modo lineare il punto di vista dell’informazione possiamo dire senza timore de sbagliare che, ormai, i mezzi di comunicazione ci fatto sapere tutto ciò che cadeva. Ognuno di noi a seguito questa rivoluzione attraverso la TV, il cellulare, l’iPad, il computer… mezzi attuali ai quali possiamo facilmente accedere. Però poche persone si sono fermate a domandarsi da dove venivano le informazioni, chi le produceva. Abbiamo vissuto un sano “boom” di informazione. Abbiamo vissuto l’accesso all’informazione in modo peculiare e in modo storico: le grandi agenzie, le catene televisive, la radio convivevano con corrispondenti indipendenti. Quanti video amatoriali, girati da non professionisti abbiamo visto? Alcune volte le grandi catene televisive ci hanno mostrato immagini prese dai cellulare di singole persone per illustrare ciò che era accaduto o stava accadendo. Anche YouTube ha giocato un ruolo importante. In questa chiave di lettura possiamo dire che abbiamo guadagnato in trasparenza e in acceso all’informazione. Possiamo dire che le nuove tecnologie dell’informazione promuovano di più la circolazione dell’informazione, la libertà di trattamento della stessa e la diffusione senza frontiere. Là dove siamo, ci trasformiamo in agenti di informazione, cioè, possiamo riportare ciò che sta accadendo in quel momento intorno a noi.
Dopo aver fatto un commento generale sulla comunicazione nella “società della conoscenza” (per usare l’espressione che secondo l’UNESCO caratterizza la società attuale) dobbiamo chiarire quali dovrebbero essere i pilastri fondamentali della società attuale:
E partendo da questi quattro pilastri universali, vogliamo commentarne due che sono basilari e che riteniamo più interessanti per il nostro tema: l’accesso universale all’informazione pubblica e la libertà di espressione.
Non ci sono dubbi che l’informazione circola nel momento reale di un avvenimento però, é anche vero che le grandi agenzie d’informazione o le impresa di comunicazione controllano tutto. E ci informano in accordo con loro linee politiche. Cioè oggi ci sono alleanze tra linee editoriali e orientamenti politici. In altre parole ci sono alleanze tra imprese di comunicazione e gruppi politici.
Qualsiasi governo quando arriva al potere, per prima cosa cerca esperti in comunicazione per estendere il suo controllo. Questo processo non avviene solo nel continente africano ma in tutto il mondo. É vero che nel continente africano, asiatico e in America il controllo sull’informazione e sui giornalisti è molto forte. Mi voglio soffermare sul continente africano. Secondo la mia esperienza di giornalista e di direttore di una rivista indipendente posso dire che se nelle Costituzioni ci sono articoli bellissime che parlano della libertà di espressione, in pratica non è così.
I mezzi di comunicazione che dipendono dalle sovvenzioni date dai governi, non sono mai sono indipendenti e neppure trasparenti. La funzione dell’informazione è difendere il governo. Molte volte i giornalisti che lavorano in questi mezzi usano la espressione: “non posso perdere il mio lavoro. E quindi finisco per non essere oggettivo e trasparente”. Praticamente finiscono per fare propaganda e da portavoce del governo di turno.
I mezzi di comunicazione privati dipendono della pubblicità. In molti paesi del continente africano, anche la pubblicità è condizionata, poiché gli imprenditori hanno forti connessioni con i governi. Il modo di informare dei mezzi di comunicazione privati è ambiguo. I mezzi di comunicazione indipendenti sono gli unici che contribuiscono ad una vera democratizzazione dell’informazione e anche politica. Puntano ad assumere un profilo indipendente: non con il governo e non stanno con l’opposizione. Fanno un giornalismo trasparente. Sono garanti della libertà di espressione e del pluralismo dell’informazione. Secondo me affinché si sviluppino democrazie mature nel continente africano è essenziali che il giornalismo sia indipendente.
Per finire possiamo dire che se il panorama dei media è diventato irriconoscibile anche nel continente africano, l’obiettivo rimane lo stesso: promuovere la libertà di espressione come fondamento della dignità umana e pietra angolare della democrazia. Godiamo di opportunità di espressione senza precedenti grazie alle nuove tecnologie e ai media. Sempre più persone sono in grado di condividere informazioni e scambiare opinioni, all’interno e oltre i confini nazionali. Ma tutto questo non basta. Abbiamo bisogni di rimanere con gli occhi aperti verso le nuove leggi che stanno per limitare la libertà di espressione. In alcuni paesi infatti stanno discutendo leggi sulla comunicazione che sono contro la costruzione della società della conoscenza.
Padre Constantino Bogaio, comboniano.
Completamento del post con una piccola
presentazione di P. Constantino e divagazioni
personali:
1) P. Constantino Bogaio
attualmente a Roma per un corso
di aggiornamento
é Mozambicano, ha lavorato a Nampula
curando una rivista molto popolare – Vida Nova
che ha 50 anni di vita e che ha una tiratura
di circa 30000 esemplari dandogli un volto
ed un contenuto di maggiore incidenza,
nel contesto attuale mozambicano.
E’ un missionario, con la sua competenza
specifica e con grande entusiasmo si è impegnato
in questi ultimi anni in vari ambiti
dando un apporto notevole e qualificato.
2) Per un insieme di circostanze i missionari
comboniani sono stati presenti nelle nostre
famiglie e, come un piccolo filo rosso continuano
un dialogo intergenerazionale. Qualcosa di
bello e provvidenziale che ha avuto inizio
negli anni 70 con un viaggio dal Portogallo
all’Italia in treno dove c’era la sottoscritta
e 2 giovani portoghesi poi diventati missionari
comboniani.
Martina