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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Crisi 1/2 (scheda di sintesi-commento) #psicosociologia

2013-04-16 19.45.52

Sulla crisi, ogni affermazione appare parziale e insufficiente.

A proposito di crisi… c’è qualcosa da imparare?

In questo primo post ho ripreso liberamente alcuni spunti dalla voce Crisi curata da F. Giust-Desprairies (pp. 98-107) contenuta nel Dizionario di psicosociologia, curato da J. Barus-Michel, E. Enriquez e A. Lévy, Cortina nel 2005 (2002). E cammin facendo ho sfogliato Reinhart Koselleck, Crisi. Per un lessico della modernità, Ombre corte, 2012 (2011); Mauro Magatti, Libertà immaginaria. Le illusioni del capitalismo tecno-nichilista, Feltrinelli, 2009; Michel Serres, Tempo di crisi, Bollati Boringhieri, 2010 (2009).

Cosa ci ho messo del mio? Uno certo sforzo nel riassumere. Nel post che segue invece provo a collegare alcune riflessioni critiche con alcune proposte concrete.

Crisi (sintesi della voce del Dizionario di psicosociologia)

Presa nel suo senso più ampio la parola crisi rimanda contemporaneamente a una rottura di dinamiche ed equilibri preesistenti e a una incapacità contestuale di regolare o stabilizzare il sistema di relazioni per assicurare una sufficiente stabilità.
p. 98
Florence Giust-Desprairies, “Crisi”, nel Dizionario di psicosociologia, curato da J. Barus-Michel, E. Enriquez e A. Lévy, Cortina nel 2005 (2002), pp. 98-107.

Fenomenologia della crisi

La crisi è rottura: frantuma equilibri e schemi, scompagina i processi, destabilizza. Il sistema non è più sistema, perde la sua configurazione, la sua capacità operativa, entra in una condizione di sregolatezza. Anche i sistemi di potere non sembrano più rispondenti. [La crisi può essere collocata fuori o dentro il sistema, o nelle dinamiche relazionali fra dentro e fuori].

  • La crisi è sotterranea: dilaga e intacca il funzionamento del sistema e lo porta al tracollo [silenziosamente prima, con deboli segnali, poi con minacciosi scricchiolii, poco prima di irrompere].
  • La crisi esplode: è una catastrofe, mina alla radice le strutture che reggono il sistema e le dinamiche che lo regolano [la crisi viene avvertita come tensione incontenibile]. Di esplosione in esplosione, la crisi può perdurare.
  • La crisi può essere potenziale: attende, in agguato. Tensioni e conflitti, paure e prefigurazioni possono attivare riconfigurazioni adattive. La crisi non si manifesta apertamente, innesca conflitti (ma anche ritiri) e può stimolare cambiamenti [di chiusura o rilancio].

Sfuggevolezza inafferrabile

La crisi è mobilissima, sfuggente, latente, cova, esplode e produce conseguenze inattese e imprevedibili.

Prima. La crisi esiste prima di manifestarsi, ma solo a posteriori se ne possono cogliere i segnali premonitori (nella fasi di innesco non viene percepita come incipiente). In apparenza non ci sono conflitti, ma si tratta di una compattezza superficiale e difensiva.

Durante. Della crisi si coglie l’evento scatenante, la rottura, l’esplodere, l’irrompere, la goccia che fa traboccare il vaso. La crisi si manifesta improvvisa e irreversibile, mette a nudo le contrapposizioni, mostra questioni trascurate, provoca un sovraccarico emotivo, disorienta e scoraggia, disgrega. Le rappresentazioni e gli assetti relazionali perdono di significato, ci si sente minacciati e in ansia. I modelli di autorità si rivelano inadeguati e i sistemi di potere vacillano. La crisi si presenta come irruzione di alterità che appaiono incomprensibili [divergenze e conflitti dominano il campo]. Il funzionamento organizzativo e il coordinamento fra i componenti dell’organizzazione si inceppano. La crisi confonde e non consente di pensare. I punti di riferimento si fanno incerti: si ha come l’impressione che tutto vada in pezzi [in particolare i sistemi di tenuta conosciuti], prevalgono le pulsioni, ci si chiede cosa abbia senso, dominano i conflitti sregolati [a volte la violenza]. La crisi è uno sconvolgimento (catastrofe) che chiede (e impedisce) di decidere. La crisi sembra non avere fine, piuttosto si ha l’impressione che vada crescendo.

Dopo. L’abbandono [tutto è perduto o non ne vale più la pena] o la ripresa di capacità progettuale, di fiducia, di parziali ricomposizioni, segnalano il superamento della crisi [ma la crisi lascia dietro di sé sconvolgimenti e macerie].

Andare in crisi

Chi viene investito dalla crisi? Le persone, i gruppi, le organizzazioni, la società nelle sue dimensioni sociali, economiche, politiche. Ma non è chiaro se le crisi individuali e collettive si sviluppano secondo dinamiche simili. La crisi sconvolge i soggetti che sentono minacciata la loro identità (la crisi è intrusiva). La crisi rompe assetti e processi usuali: sovverte e disintegra (la crisi è disordine). La crisi è conflitto: non ci si fida più delle figure di autorità, e al disordine operativo e organizzativo sembra corrispondere un disordine emotivo. La crisi paralizza l’azione e il pensiero: la capacità progettuale viene travolta dal caos (ci si sente bloccati, scoraggiati, si gira a vuoto). Nella crisi si perdono le forze, le energie residue sembrano disperdersi, diminuisce anche la capacità di provare piacere per quello che si fa. La crisi ottunde la capacità di simbolizzare (costruire significati) e attribuire valore (confonde). La crisi impedisce di decidere: ogni scelta è potenzialmente controproducente se non distruttiva. La crisi è contagiosa, virale: attacca nel presente, sembra cancellare il passato e non consentire di immaginare il futuro. Nel pieno della crisi nulla ha più senso (il mondo interno e esterno si fa incomprensibile). Per qualcuno [chissà se è una provocazione, una constatazione, un’esperienza, o un desiderio] la crisi può aprire nuove possibilità di investimento.

Il soggetto, il gruppo o l’organizzazione in crisi sono bloccati nella capacità di immaginare, di decidere, e questa impressione di paralisi viene percepita come dilagante. E, nel cuore della paralisi, crisi può essere un’opportunità (dolorosa) per produrre nuovi pensieri e riconfigurazioni esistenziali [cosa favorisce la ripresa?].

Stare all’erta, in attesa?

I segni premonitori investono la sfera dell’esercizio del potere: i discorsi delle autorità appaiono perfettamente esplicativi o al contrario sconnessi dalla complessità delle esperienze. Ma sono i soli indicatori economici gli anticipatori della crisi? In che modo si differenziano questi segnali rispetto a conflitti che possono venire considerati fisiologici? I conflitti che non trovano aggiustamenti e rielaborazioni sono segnali di crisi? O, al contrario, indizio premonitore può proprio essere l’assenza di qualsiasi segnale di incertezza: tutto si presenta, appare, viene percepito come armonico… Mentre nel sottosuolo va caricandosi un’energia distruttiva? Cosa preannuncia la crisi? O è solo a posteriori che vengono ricostruiti i segnali che nel corso degli eventi erano illeggibili? Se nulla traspare, ha senso rimanere vigili?

In balìa della crisi

La crisi può essere dappertutto, esagerata, motivo di tutto, ottima spiegazione per ogni difficoltà, cambiamento, inversione di rotta. Nella crisi le rappresentazioni che orientano i comportamenti, che costituiscono le cornici di riferimento, i quadri rassicuranti mediante i quali muoversi nella complessità, vengono meno. Collassano. La crisi viene percepita come una condizione di non ritorno (le soluzioni del passato non si avvertono come utili o riproponibili). La crisi è perdita di riferimenti, disorientamento disorientante. La crisi è caduta dei desideri e delle illusioni.
La crisi può essere una dolorosa discontinuità. La crisi è sofferenza per le persone che vi si dibattono. La crisi è anche l’effetto di un disadattamento protratto (non si regge più una condizione di collegamento/non-collegamento), può essere l’effetto di una sconnessione che determina effetti negativi per il sistema, e a differenza del conflitto, gli attori non sono consapevoli e la crisi sopraggiunge alle spalle e li travolge (e a quel punto è innegabile).
L’impatto della crisi dipende anche dallo sguardo che vi si dibatte assume, dall’uso che ne possiamo fare per comprendere e per trovare nuove operatività. La crisi temuta, prefigurata, può allertare e spingere all’azione.

La crisi è il momento della verità (forse)

La crisi metterebbe a nudo i problemi delle organizzazioni, le lacune costitutive o culturali, la capacità di organizzarsi e reagire. Nella crisi alcuni beni e servizi perdono il loro valore d’uso e di scambio (e si partecipa ad una deflazione inarginabile). Si contrae drasticamente la capacità (cade il desiderio) di investire e di innovare. Le risposte note non rispondono più. Si lavora con una alacrità compulsiva per trovare corrispondenze convincenti e opportune a domande confuse. Nella crisi è difficile mantenersi affidabili: tutto è anomalo e disorientante (la verità non è messa a nudo, né a portata di mano).

Senza speranze?

Adelino Zanini, nella postfazione “Crisi: concetto e condizione” (pp. 95-106) riassume le posizioni che Reinhart Koselleck sviluppa in  Crisi. Per un lessico della modernità, Ombre corte, 2012 (1972-1997):

  • la crisi impone scelte rapide e radicali dalla quali dipendono le possibilità o meno di salvarsi o soccombere, le possibilità di futuro (la crisi è scelta fra molteplici alternative);
  • la crisi è il modo di essere della storia e del presente, al punto che la crisi diviene il paradigma per interpretare la realtà, accelerazioni e rotture di susseguono determinando sconvolgimenti e nuovi scenari;
  • le crisi si susseguono preannunciando la crisi catastrofica finale, l’autodistruzione. Nessuna possibilità di governo politico dell’economia, diffusione dei conflitti, predominio delle tecnica: la crisi è l’orizzonte del presente.

La sintesi che propongo non rende ragione della densità delle riflessioni, e forse è anche imprecisa. Ma volutamente la colloco a questo punto del post, per porre la questione: nelle crisi è possibile intervenire?

La crisi è un’opportunità (forse)

Molti colgono nelle crisi una dimensione di opportunità. Ci possono essere crisi caotiche dagli esiti distruttivi o crisi di cambiamento nelle quali gli attori, pur attraversando fasi sconvolgenti riescono a riorganizzare la capacità di pensare e di stare in relazione. Questa seconda opzione è forse possibile se si hanno risorse, se le crisi sono locali e non sistemiche, se ci si rende conto per tempo della dirompenza di ciò che sta accadendo, se non ci si lascia travolgere, se non si guarda al naufragio altrui in salvo sulla riva [la crisi può anche essere spettacolo]. Se…

Come intervenire nella crisi?

Sostenere la capacità di costruire relazioni, questa l’indicazione di Florance Giust-Desprairies.

  • Costruire spazi transizionali, intermedi e di collegamento tra dimensioni interne ed esterne [collegare i molteplici sconnessi].
  • Ricercare (e sostenere) autorità temporanee in grado sia di lavorare per riparare, sia di sostenere la capacità riparativa degli attori [anche recuperando il vecchio per reimpiegarlo in forme indedite].
  • Costruire organizzazioni temporanee vicarianti [tutelare la capacità di collaborare].
  • Consentire il riconoscimento dei soggetti, dei gruppi, delle azioni, proteggendo non solo i contatti, ma anche le distanze [riconnettere rapporti fra le parti].
  • Promuovere momenti di racconto, di riflessione, di elaborazione (parlare, pensare, riconsiderare).
  • Ricomporre, costruire relazioni, riprogettare [favorire nuovi investimenti progettuali].
  • Promuovere la costruzione di nuovi significati [ricercare e rielaborare senso].

Prendersi cura e assumersi responsabilità costruttive, come sintetizza Magatti (2009) chiudendo la sua analisi sugli infingimenti del capitalismo tecno-nichilista.

Nella prospettiva psicosociologica ai/lle consulenti è riservato un ruolo non secondario nell’intervenire nelle situazioni di crisi: supportando la costruzione di relazioni (regolando e consentendo il conflitto), preservando il riconoscimento di identità (storia, potenzialità, cambiamenti, competenze…), lavorando per entrare in contatto con i problemi, ricostruendo riferimenti affettivi e collegando parti (senza svalutazioni), costruendo spazi di elaborazione (ricerca, valutazione, ipotesi, confronto), avviando trasformazioni e ricomposizioni mediante attività che rendano possibili esperienze di fiducia, di speranza, di desiderio, di riflessione critica, sostenendo i soggetti e i gruppi nel ricomporre le identità sconvolte e nel riattivare la capacità di costruire progetti nei quali investire energie ed emozioni.

3 comments on “Crisi 1/2 (scheda di sintesi-commento) #psicosociologia

  1. Pingback: Crisi 2/2 (scheda di sintesi-commento) #psunimib13 | Mainograz

  2. Mainograz
    1 May 2013

    Grazie Laura, sto lavorando al secondo.
    Poi mi dici ;-))
    Graziano

  3. laurapapetti
    1 May 2013

    Gran bel post! Complimenti (dai colleghi “valgono il doppio“;-)

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