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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Tre strategie cooperative > pro e contro

Trivio, dove tre strade si incontrano e si separano.

Trivio, dove tre strade si incontrano e si separano.

 

Tempi duri per le cooperative e per le imprese: come affrontare la crisi, che non è solo economica (ma con ogni probabilità paradigmatica)? Come ripensare gli schemi di azione, superare il disorientamento, riprendere a lavorare con maggiore fiducia?
Diletta Cicoletti cofounder Social for Social e animatrice di Scambi di Prospettive mi ha suggerito un post di Giuliano Nicolini su tre possibili modi di essere cooperativa.
Un post che fa pensare. Lo riassumo e ci ragiono su.
Questi i tre i modelli di cooperativa delineati:

  • cooperative orientate dal prodotto/servizio;
  • cooperative orientate dal mercato;
  • cooperative orientate dalle relazioni che alimentano.

Nel primo caso i prodotti/servizi impongono il ritmo, la struttura si adegua, e se il mercato è sufficientemente stabile non si incontrano particolari problemi. Ma il mercato non è stabile – al contrario -, di qui il rischio di trovarsi ai margini, con offerte superate.
Eppure ci vedo due possibilità (condizionate):

  • la prima che mantenere il focus sui prodotti/servizi, conservare il valore sulle competenze, fare della continuità (tradizione?) un vantaggio non è detto sia sempre controproducente;
  • la seconda che esprimere attenzione per i prodotti o i servizi che si offrono non comporta necessariamente immobilismo. È rischioso tralasciare saperi ed esperienze, abbandonare ciò che si sa fare per passare (continuamente) ad altro. Vi sono cooperative che tengono al centro prodotti e servizi perché innovano, cercano e accompagnano le impercettibili e continue microtrasformazioni, rinnovano, anche muovendosi in senso contrario alla freccia del tempo.

Nel secondo caso il mercato comanda, impone il ritmo, definisce i punti di attenzione, l’identità è mimetica, teleguidata, fuori dal proprio controllo: nelle mani dei clienti, che impongono relazioni dipendenti.
Anche qui forse, pur correndo il rischio di subordinazione e di perdita di identità, qualcosa di vantaggioso può essere colto:

  • E se fosse proprio la capacità di mantenere (anticipare) la sintonia con il mercato un elemento che favorisce la sopravvivenza?
  • E se da questa continua capacità di riprogettarsi, di mantenersi leggeri, mutanti, ne venisse la possibilità di trasformare la gamma dei propri prodotti, la qualità dei servizi offerti?
  • E se dall’attenzione per le evoluzioni del mercato scaturisse durabilità e capacità di produrre reddito, sarebbe giustificata la fatica del fare del cambiamento una risposta organizzativa?

Nel terzo caso, quello che evita l’isolamento, il ripiegamento su di sé o la faticosa inerme resa al volere dei clienti, l’impresa fa delle relazioni e della capacità di promuovere reti il fattore di sviluppo. Certo nella costruzione di partnership si esprimono progettualità, investimento, capacità di ricercare e costruire innovazione, di qui opportunità meno soffocanti rispetto a quelle che offrono i primi due modelli.
Eppure, qualche dubbio sulla forza taumaturgica di network e alleanze è bene conservarlo:

  • lo sviluppo di alleanze non comporta automatici successi (ahinoi);
  • contribuire a sviluppare reti, alimentare relazioni costruttive, conservare disponibilità verso nuove opportunità è faticoso per le organizzazioni, chi e dirige e chi vi lavora;
  • non tutte le partnership aprono a risultati evolutivi, al contrario può accadere che la collaborazione si trasformi in colonizzazione o marginalizzazione, o in fatica di sostenere partner opportunistici o privi delle caratteristiche minime per rimanere agganciati.

E dunque?
Non è detto che vi sia necessariamente una sola strategia d’impresa, forse sono possibili configurazioni diverse, con percentuali di ingredienti variabili, mescolati ad/attivamente.
Insomma, in ciascuna delle tre polarità, mi sembra di vederci dei rischi e del buono (e forse qualche ricerca ci dirà che ci sono anche ricette perverse, che scaturiscono da improvvidi mix di ingredienti).

3 comments on “Tre strategie cooperative > pro e contro

  1. davidevassallo
    4 March 2015

    L’ha ribloggato su Lavoro Bene Comunee ha commentato:
    Dal Blog Mainograz: sempre spunti interessanti!!

  2. Dario Grison
    20 February 2015

    Aggiungerei che una cooperativa è forse tutte e tre le cose a seconda del livello organizzativo dal quale la consideri. Ad esempio: i coordinatori tenderanno ad essere prevalentemente orientati al prodotto / servizio, i commerciali punteranno al mercato e magari il CdA sarà più attento alle alleanze e alle partnership. Il problema è casomai come governare le tensioni che si creano tra queste polarità e come miscelarle nelle giuste dosi.

    • Mainograz
      20 February 2015

      Grazie Dario,
      non sai come sono felice dei sentirti!
      Convengo: il problema è governare le fisiologiche tensioni:-)

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