Torno sul prendere appunti per lavoro con un salto indietro all’inizio della crime story Il ritorno del maestro di danza, di Henning Mankell. Per la verità questo post breve è il nono della serie, ma è pronto da un po’ e la tolleranza di internet per le forzature temporali mi induce a pubblicarlo (se preferite – aspettate la pubblicazione dei post 5, 6, 7 e 8. Se invece preferite ripercorrere la sequenza dei post pubblicati eccoli: 1, 2, 3, 4).
Il tema del prendere appunti (che appare una costante del romanzo) per la verità non viene introdotto con Stefan Lindman poliziotto in congedo temporaneo per motivi di salute e agitato protagonista del romanzo. E neppure con Giuseppe Larson altro poliziotto, più sereno e rilassato coprotagonista del romanzo. L’azione del prendere appunti compare ben prima, nel prologo, un flash-back storico che si comprenderà solo verso la fine del romanzo.
La seconda guerra mondiale è terminata da poco. Un uomo che tiene celata la sua identità, in segreto viene trasportato dall’Inghilterra nel cuore della Germania occupata. Nel giro di poche pagine scopriremo che è un boia e ha un incarico ufficiale per conto delle potenze alleate: eseguire dodici condanne a morte per impiccagione.
«Donald Davenport lasciò il carcere britannico che raccoglieva i prigionieri di guerra tedeschi poco dopo le undici di sera. Abitava in un albergo risparmiato dalla guerra, che ora veniva usato come alloggiamento per gli ufficiali britannici di stanza a Hemeln. Sentiva la stanchezza pesargli adosso e aveva bisogno di dormire se voleva portare a termine la sua missione il giorno dopo senza commettere errori. Il sergente inglese McManaman, che gli era stato assegnato come assistente, gli faceva provare la sensazione di inquietudine. A Davenport non piaceva lavorare con collaboratori inesperti. Molte cose potevano andare storte, soprattutto quando la missione era così importante come quella che li aspettava.
Rifiutò una tazza di tè e andò direttamente nella sua camera. Si mise a sedere alla scrivania e iniziò a leggere gli appunti dell’incontro che si era svolto mezz’ora dopo il suo arrivo. Per prima cosa lesse il formulario battuto a macchina che gli aveva consegnato un giovane maggiore di nome Stuckford, il responsabile dell’intera operazione.
Spiegò il documento, sistemò la lampada sulla scrivania e lesse i nomi. Kramer, Lehmann, Heider, Volkenrath, Grese… Erano dodici nomi in tutto: tre donne e nove uomini. Studiò le informazioni accuratamente e prese appunti. Ci volle un po’ di tempo perché, come sempre, il suo orgoglio professionale gli imponeva la massima scrupolosità. Posò la penna solo quando era quasi l’una e mezza. A quel punto si era fatto un’idea chiara di tutto. Aveva fatto le sue valutazioni e controllato tre volte di non avere trascurato nulla. Si alzò dalla sedia, si mise a sedere sul letto e aprì la valigia. Anche se sapeva che non dimenticava mai niente, controllò che tutto fosse a posto. Prese una camicia pulita, chiuse la valigia, poi si lavò con l’acqua fredda, che era tutto ciò che l’albergo poteva offrire.
Aveva sempre difficoltà ad addormentarsi. E fu così anche quella notte.»
p. 13«Tornò nuovamente al patibolo e controllò sui suoi documenti a quale lunghezza doveva regolare la corda destinata alla donna successiva.»
p. 14
Ossessività, professionalità, scrupolo. Gli appunti, sono uno strumento per compiere una serie di esecuzioni, per compiti [di cui mi disturba scrivere] che chiedono precisione per essere svolti compiutamente e senza provocare inutili sofferenze. Mankell con questo prologo apre il romanzo nel corso del quale si scoprirà che Herbert Molin – un poliziotto in pensione che viene assassinato – è un altro criminale nazista che per più di cinquant’anni è riuscito a riparare in Svezia e a nascondersi.
In quest’ultimo passaggio (il primo se avessimo seguito la successione del romanzo) gli appunti non seguono gli avvenimenti ma li precedono. Non servono a registrare ex-post gli aspetti principali, ma a fornire tracce ex-ante, a fornire le indicazioni essenziali e circostanziate affinché le attività si sviluppino correttamente. Gli appunti, nel caso specifico, sono ausili che mediano tra la generalità della teoria e la concretezza dell’operare. Si prendono infatti appunti per selezionare e avere sotto mano le informazioni dirimenti, davvero utili, non inutilmente ridondanti. Gli appunti sono una guida nella complessità, aiutano prefigurare: sono dunque una modalità per contenere inutili ridondanze e finalizzare l’azione.
Con questo post esaurisco (salvo non me ne siano sfuggiti) la presentazione e il commento dei passaggi che ne Il ritorno del maestro di danza trattano del prendere appunti per lavoro. Nel prossimo post prenderò in considerazione l’utilizzo degli appunti personali raccolti in un diario e nel successivo presenterò un quadro sinottico per riepilogare la varietà di appunti introdotti da Henning Mankell e ricomporre in un quadro generale delle tipologie presentate. Prendere appunti in effetti mi è parso più di un tic, piuttosto un dispositivo per far correre la storia e alimentarla. Ma non voglio spingermi al largo, dove le correnti si fanno forti e i venti cambiano rapidamente. Continuerò a veleggiare sotto costa.
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