Perché non apriamo uno sportello?
Volendo ragionare sull’efficacia degli sportelli, diversi sono gli aspetti da considerare. Che tipo di servizio configura l’apertura di uno sportello? Come impatta nell’operatività dell’organizzazione che lo attiva? Che comunicazione produce? Come orienta l’utenza e si inserisce nell’immaginario collettivo?
Per chi ne è destinatario e per l’organizzazione che lo attiva che tipo di servizio è uno sportello?
Intanto senza un aggettivo o una specificazione dire ‘sportello’ è insufficiente: Sportello amianto? Sportello famiglia? Sportello imprese? Sportello lavoro? Sportello antiusura? Sportello per la disabilità? Sportello conciliazione e welfare aziendale? Sportello psicologico?
Lo sportello è una particolare forma di servizio: allo sportello ci si può rivolgere per chiedere informazioni, per segnalare problemi, per sottoporre criticità e ricevere indicazioni. A proposito di questa forma di servizio si può notare che si tratta di una risposta focalizzata, visibile e immediata, attraverso la quale prevale l’offerta di informazioni interattive, e anche interventi di orientamento, di supporto e/o consulenza.
Lo sportello può essere utile (ma anche no). A proposito dell’informazione, nell’epoca di internet, si può osservare ridondanza (piuttosto che scarsità), dispersione e dispersività che finiscono per confondere. Per questo serve un supporto vis-a-vis che ordini notizie e info utili e disponibili, le selezioni, le tenga aggiornate e fornisca indicazioni pratiche (spesso un buon sistema online di faq curate raggiunge ottimi risultati, con costi più contenuti).
Lo sportello specialistico seleziona l’utenza (include ed inevitabilmente esclude).
La presenza di uno sportello e le sue attività collocano l’utente dentro una relazione definita e che forse (intenzionalmente) regola le distanze.
Lo sportello risponde ad una esigenza di specializzazione organizzativa: aprendo uno sportello l’organizzazione fa convergere competenze (compatta in certo modo le forze) per offrire una risposta ad hoc, ma al tempo stesso solleva (almeno per una certa fase) dall’impegno a sviluppare competenze diffuse. Attivando gli sportelli dedicati può accadere che per accedervi si creino code, mentre altri operatori non sono coinvolti nei picchi di lavoro. Lo sportello è un modo per rispondere a una pressione sociale regimentando la domanda. Lo sportello è un varco che mette in contatto un dentro e un fuori, è un dispositivo sufficientemente strutturato, circoscritto, maneggiabile da poter essere con una relativa facilità reso operativo.
Lo sportello è un dispositivo operativo, organizzativo, ma anche simbolico-comunicativo (politico e sociale).
Lo sportello è un modo per rendere visibile ai soggetti interessanti e a chi lavora nell’organizzazione che c’è un problema, una questione rilevante, che è necessario occuparsene e che lo si sta facendo.
Lo sportello visibilizza (e quindi intenzionalmente comunica) che un determinata questione viene ritenuta prioritaria e che per offrire risposte si potenzia la disponibilità all’ascolto e alla risposta.
Lo sportello isola ed evidenzia un fenomeno, dandogli risonanza sociale e organizzativa, e in questa prospettiva lo sportello è una risposta che tranquillizza, è una azione concreta, tutto sommato non costosa, non complessa, pratica e sostenibile. Lo sportello tuttavia si presta anche ad essere oggetto di comunicazioni retoriche e deresponsabilizzanti: attivato lo sportello il compito dell’organizzazione è de/finito. Mentre comunica attivazione, attenzione per temi o problemi trascurati, circoscrive il dilagare delle questioni, la contaminazione delle competenze. C’è forse in tutto questo qualcosa di difensivo?
Con queste considerazioni non voglio implicare che in assoluto gli sportelli non siano utili o costituiscano uno spreco di energie. Sono forme di organizzazione dei servizi che offrono informazione, orientamento e consulenza. Ci sono situazioni che richiedono l’attivazione di sportelli dedicati (l’aggettivo è tautologico), spesso transitori. E ci sono situazioni nelle quali la soluzione: “Attiviamo uno sportello!” è insufficiente (se non controproducente). Vi possono anche essere soluzioni online.
Se gli sportelli sono:
ci si può chiedere come possono evolvere gli sportelli.
Esaurita la fase di picco, durante la quale è elevata l’esigenza di avere informazioni, lo sportello dovrebbe venire inglobato nella normale attività dei servizi: l’informazione è diffusamente disponibile, la consulenza può essere offerta da più figure nell’ambito di un servizio strutturato.
La domanda di fondo è che tipo di servizio pubblico (o privato) si è tenuti, si intende e si riesce a dare, e con quali effetti. Un servizio non è solo il servizio funzionale offerto è anche la sua dimensione simbolica, politica, sociale e psicologica: per chi riceve il servizio e per chi sa che il servizio esiste. Il welfare non è solo un insieme di servizi per il benessere sociale, ma anche la percezione che – in situazione di difficoltà – esistono attenzioni, risposte e azioni.
Uno sportello può bastare?
…quando sento la parola sportello mi viene in mente un buffer (una mia contaminazione ingegneristica di antica memoria…). Le info vengono accumulate e smistate, per poi essere gradualmente elaborate. Avete presente le code di stampa della vostra stampante?