Cos’ha di ostico la voce “Domanda” del Dizionario di Psicosociologia? Perché più persone la segnalano come difficile da comprendere?
Come mi sembra accada per diverse voci del Dizionario, i presupposti a partire dai quali si affrontano le questioni trattate restano impliciti: si entra nel vivo del tema assumendo che chi legge abbia gli elementi per confrontarsi con le considerazioni proposte. Ma non è necessariamente sempre così. Provo allora ad accennare ad alcune esperienze professionali per cercare di collocare nella pratica le indicazioni che Christian Michelot ci offre a proposito dell’azione del domandare in interventi consulenziali in sistemi organizzativi e in comunità.
Ti vorremmo parlare, quando riusciamo a vederci? Abbiamo in mente un lavoro, ci possiamo incontrare? Hai tempo di fermarti che vorremmo parlarti di un progetto che avremmo in mente? L’avvio di una possibile richiesta di intervento si presenta da subito in forma di domanda: un contatto a margine di un momento formativo, una mail, una telefonata, una proposta buttata lì, mentre si beve un caffè durante la pausa, con l’implicita attesa di vedere come reagisci, cosa ne pensi, come rispondi… Avresti tempo per un momento per approfondire?
A volte, invece, giungono richieste più formali: Le/ti scrivo a nome della nostra presidente, vorremmo organizzare un seminario… Le/ti chiediamo la disponibilità a valutare insieme la possibilità di un percorso formativo…
[…] si avvia una relazione di consulenza proprio perché uno o più soggetti, alle prese con dei fenomeni che vivono come problematici, si rivolgono a un terzo soggetto. La relazione di consulenza è istituita dalla domanda dei soggetti, che sotto questa forma espongono al professionista le difficoltà che sperano di vedere risolte o i progetti che auspicano portare a buon fine con il suo aiuto.
p. 352
Michelot, C., “Domanda”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002).
La domanda attiva il contatto e attiva la fase esplorativa della relazione professionale. E tuttavia ci sono domande che chiedono attenzione e domande che prefigurano azioni definite. In veste di consulente la prima domanda che ricevo è una domanda di incontro. Certo a volte ricevo anche richieste di disponibilità a svolgere un determinato intervento, già definito e strutturato: si tratta, spesso di richieste di interventi formativi o consulenziali per i quali (in prima battuta) si tratta di rispondere dando la propria disponibilità, o declinando l’invito. Sì, ci sono! No, non ci sono, mi spiace :-) Ma c’è anche la possibilità, anche in questo caso, di rispondere con una/più domande alla domanda di ingaggio. Ad esempio chiedendo maggiori e più circostanziate informazioni, e domandando a se stessi che senso hanno le domande che vengono poste… Come le domande aperte – domande che sollecitano la disponibilità all’incontro -, anche le domande di riscontro a una richiesta determinata, possono essere fatte oggetto di indagine: di meta indagine, di indagine delle modalità con cui la domanda è posta, anche attraverso l’analisi del discorso (cfr. Giust-Despraires, Lévy, 2005).
Il professionista non cerca soltanto di ottenere l’accordo, l’attenzione, o la curiosità, delle persone che sono coinvolte nell’intervento: accoglie ogni domanda che gli è rivolta come iniziativa singolare, dotata di un proprio senso, espressione di difficoltà e di sofferenze (e di gioie), ma soprattutto come manifestazione di un desiderio. Contemporaneamente cerca di formulare una risposta che non elimini la domanda, ma che, al contrario, la sostenga.
p. 352
Michelot, C., “Domanda”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002).
Così la domanda di intervento, le molteplici modalità attraverso le quali tali domande vengono poste, i toni, i contenuti, le richieste diventano materiale di analisi, aprono a/ e avviano la costruzione di ipotesi meno implicite e reattive, e più considerabili e ponderabili come elementi di conoscenza e di possibile azione.
La domanda di intervento è una chiamata in campo. Essa richiede che si presti attenzione a negoziare un primo accesso al campo dei pensieri espliciti o impliciti che i clienti (potenziali o esordienti) espongono, alle dimensioni esperienziali ed emotive, ai pensieri e agli schemi di pensiero che chi avanza la domanda di intervento porta con sé. Per il/la consulente si tratta di predisporsi ad accogliere l’altro/a, le sue istanze, il suo modo di presentarsi e di porsi, le sue questioni.
Ma accogliere non significa accettare.
Michelot (2005, p. 352) sottolinea come la domanda sia un’azione che sollecita una risposta. Il/la consulente, il formatore o la formatrice, il ricercatore o la ricercatrice possono sostenere la domanda nel senso letterale del termine (reggere e non solo supportare): possono proseguire, rispondendo con altre domande, estendere il campo di ricerca, avviare una prima esplorazione formulando nuove domande, suscitando ulteriori richieste, consentendo di investigare e interrogare i propri pensieri e le nuove domande che scaturiscono dall’interazione con il soggetto o i soggetti che hanno richiesto l’intervento. Domandare assume allora una valenza metodologica euristica: è il dispositivo che consente la scoperta a mezzo di una ricerca attiva di informazioni nuove e pertinenti.
Michelot sottolinea come domandare è un’azione che non mira tanto a identificare i bisogni posti come questioni definite, non discutibili, bisogni esposti in termini di mancanza che esige soluzioni, che implica obblighi di corrispondenza, richieste che si presentano con una elevata carica di oggettività e di pretesa di soddisfacimento, che finiscono per legittimare passività e rivendicazioni. La dinamica del domandare non è “l’espressione dei propri bisogni da parte del soggetto: è piuttosto l’espressione del soggetto attraverso un discorso sui propri bisogni.” (Michelot, 2005, p. 353). Attraverso il concatenarsi delle domande e delle risposte il/la consulente affronta i problemi sfuggenti e mutevoli, complessi, incompleti e imprecisi considerati come sfide, oggetti di ricerca, di collaborazione, nuclei informativi, occasioni di nuove conoscenze e di innovazione. Attraverso le domande i problemi cominciano a prendere o a cambiare forma (d’Angella et al., 1999).
In effetti è la domanda che orienta il lavoro di problematizzazione del professionista nei confronti del soggetto: è la domanda che gli permette di cogliere informazioni sul punto di vista del soggetto ed è questo che gli consente di proporre, rischiando una propria parola, una propria ipotesi.
[…] riferire la domanda al soggetto significa riconoscere che esiste sempre in campo sociale una pluralità di domande da prendere in considerazione e che ogni volta va esaminato il modo in cui queste domande si rapportano le une con le altre.
p. 353
Michelot, C., “Domanda”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002).
Ogni domanda è un’affermazione, una indicazione/informazione sulla presenza dei soggetti, su temi che si vorrebbero venire considerati, sui punti di vista e sulle rappresentazioni, sugli schemi di pensiero in uso da parte del cliente e da parte del/la consulente. Ritroviamo qui la funzione euristica del domandare: domandare è scoprirsi e consentire scoperte. Il domandare attiva il pensiero: chiedendo si ottiene quel momento di silenzio carico di riflessione, di emozione, e di attesa. Il domandare attiva il processo di dialogo che punta a far emergere e consente di considerare nodi, questioni, aspetti, aspettative essenziali per immaginare una qualche forma di intervento praticabile.
Procedendo con le domande si saggia e si prova a sviluppare la relazione essenziale per consentire l’intervento e la collaborazione. Il procedere attraverso il domandare definisce la modalità di relazione e stabilisce il metodo dialogico che si intende praticare. Accade che alcune richieste di intervento si presentino in forma di richiesta di intervento esperto o di operatività esecutiva (Schein, 2001): anche questi approcci possono essere fatti oggetto di analisi della domanda, seppure il percorso e l’impegno sono notevolmente più complessi (Carli e Paniccia, 2003).
Quando la domanda innesca e facilita il domandare, quando è espressione di un desiderio, di una chiamata in causa disponibile a mettersi in gioco e a definizione un accordo di collaborazione, il domandare diviene un’azione costruttiva, co-progettuale. Michelot (2005, p. 355) indica alcuni (a grandi linee) i passaggi per consentire lo sviluppo di un’esplorazione costruttiva:
Chi chiede l’intervento, cosa andrebbe trattato, come si vorrebbe venisse attuato, per quali ragioni viene richiesto l’intervento di una figura esterna all’organizzazione. La risposta a queste domande consente di circoscrivere un oggetto di lavoro sul quale provare a lavorare.
Da quando viene espressa una domanda, in effetti l’oggetto della domanda diventa oggetto per un altro. Ed è proprio perché questo altro propone e sostiene dei propri modi di vedere che colui che porta la domanda può considerare l’oggetto in una maniera differente. Quello che inizialmente si dava come oggetto di una percezione può diventare così oggetto di pensiero. È in questo modo che ciò che è oggetto di una domanda viene individuato: con una dinamica che non si sà per ciò che è oggetto di bisogno. Per il professionista non si tratta tanto di dare risposta alla domanda – risposta che per certi versi sarebbe una iniziativa maldestra quanto di farsene interlocutore in modo da mettere chi chiede in una prospettiva di desiderio.
p. 355
Michelot, C., “Domanda”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002).
E a partire dall’articolazione dei desideri, delle possibilità, delle aspettative, delle condizioni di contesto e organizzative costruire un progetto di intervento trasformativo condiviso.
Nella prospettiva psicosociologica (e più in generale nell’ambito della consulenza) la domanda dà avvio alla possibilità di una relazione di aiuto professionale (Schein, 2001). Si tratta di interazione che chiama in causa una figura di supporto, istituisce uno spazio interazione cliente-consulente volto a sviluppare collaborazione, consente di esprimere una esigenza di intervento, di formulare considerazioni, mostra le rappresentazioni, lascia intravedere attese e desideri.
La domanda di contatto in vista di un intervento, la domanda iniziale crea uno spazio di indagine, da esplorare attraverso nuove domande di esplorazione e di approfondimento. Uno spazio di indagine e di presa di parola che offre elementi espliciti e impliciti alla considerazione del consulente e delle stesse persone che hanno posto la domanda (clienti potenziali, clienti esordienti). Si tratta di una relazione di scambio che esprime l’approccio di metodo (modalità di intervento) basato sulla collaborazione attiva nella ricerca e di riferimento teorico per la conoscenza (epistemologico) che considera ogni situazione come un complesso sistema da indagare.
Domandare è dunque riconoscere l’altro, innescare una relazione di scambio, agire per produrre conoscenza e determinare contenuti da investigare (rispetto ai quali porre e porsi nuove domande). Si profila la circolarità tra incontrare (agire) e conoscere attraverso l’indagine, tra consulto (consulenza), ricerca, co-elaborazione, relazione di collaborazione.
Si avvia una relazione di consulenza proprio perché uno o più soggetti, alle prese con fenomeni vissuti come problematici, si rivolgono a un terzo soggetto.
p. 352
Michelot, C., “Domanda”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002).
L’azione del/la consulente può essere considerata e gestita sin dai primi contatti come una risposta a una domanda di intervento e di supporto, come un’azione ricca di significati, consapevoli e inconsapevoli, come una spazio di relazione aperto all’indagine, allo scambio, alla costruzione di azioni utili e significative per chi è coinvolto nel domandare e nel rispondere (Schein, 2010).
Il percorso di analisi della domanda consente di non ritrovarsi al punto di partenza, di fronte alla realtà, a volte difficile, delle cose; consente di avere, quale risorsa, una maggior conoscenza di sé e del contesto, di poter far conto su una competenza a pensare le emozioni. Consente di poter contare su una capacità di conoscenza e di utilizzazione competente del desiderio, consente di non ricadere più, acriticamente e senza difese, nella fantasia del possesso disperante e impotente.
p. 293
Carli R., Paniccia R.M., Analisi della domanda. Teoria e tecnica dell’intervento in psicologia clinica, Il Mulino, 2003.
Christian Michelot
Florence Giust-Desprairies
Edgar H. Schein
Renzo Carli
Maria Rosa Paniccia
E’ sempre bellissimo leggerti….
Ti ringrazio anche per la chiacchierata di sabato, mi ha fatto molto piacere che tu mi abbia chiesto di supportarti nel progetto 231 e, sebbene la mia agenda sia molto complicata, uno spazio per lavorare con te lo troverò senz’altro.
Giunta a questo punto mi piace pensare di potermi permettere di scegliere quali percorsi professionali privilegiare.
Un caro saluto e a presto
Barbara
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