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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

Da d’ora in poi

Cuccioli che lottano

Cuccioli che lottano

Giosuè, otto anni, continua a ripetere l’espressione “da d’ora in poi”. Con mia moglie insistiamo: Non si dice così, si dice “d’ora in poi”.
Lui sembra afferrare e non afferrare il concetto che qualcosa prenda avvio dall’istante in cui viene proferita l’espressione “d’ora in poi”.
È come se il ragionamento da qualche parte si avvitasse: qualcosa inizia dal momento in cui dico “d’ora in poi”, quindi l’inizio è da… ‘d’ora in poi’.

Oggi stavo leggendo un regolamento emanato da una Direzione Generale dell’Unione Europea. La disposizione si riferisce all’uso di un portale per partecipare a bandi e progettazioni.

Quest’area denominata “Monitoraggi” – inaugurata in occasione del presente rilevamento annuale – sarà utilizzata d’ora in poi per effettuare tutti i monitoraggi richiesti dalla Direzione Generale per le diverse tematiche di interesse e per i progetti in corso di attuazione.

Incredibilmente l’espressione esprime una traccia dell’essenza del potere burocratico. Come si può scrivere – nello spazio 2.0 e in riferimento all’agire digitale – che qualcosa sarà d’ora in poi, cioè per sempre? La locuzione avverbiale avrà una sua ragione e non mi sogno assolutamente di proporne l’abolizione (sarei in ovvia contraddizione), ma solo di usarla con estrema parsimonia e piena consapevolezza.
L’esempio che ho riportato mi pare fuori luogo, discrepante con lo spirito della rete, in sostanza un lapsus che denuncia una certa visione novecentesca delle cose.

Ripenso a mio figlio e mi chiedo se non sia il caso di lasciare perdere la correzione dell’espressione “da d’ora in poi”.  Forse l’idea piuttosto balzana che ci sia qualcosa per sempre potrebbe venire consolidata proprio dall’insistere nel correggere l’imperfezione. Se ci impuntassimo semplicemente ripetendo: Si dice d’ora in poi, rinforzeremmo un fondamento esistenziale: ci sono molte cose che sono da ora in poi.
La fatica dell’uso appropriato dell’espressione è forse una riottosità dei nativi digitali a concepire qualcosa, d’ora in poi e per sempre?
Forse dovremmo lasciar correre o intervenire dicendo che in italiano si dice d’ora in poi, ma conviene pensarci bene prima di usare l’espressione.

Mah.

PS
E non torna neppur e l’idea che in rete ci sia un punto di inizio rintracciabile agevolmente. Certamente esagero nell’ipersensibilità ma mi sembra che in moltissime cose sia difficilissimo cogliere il punto di inizio e ancora più difficile fondarlo nell’istante con l’espressione “d’ora… in poi”.

One comment on “Da d’ora in poi

  1. ovittorio
    28 March 2013

    ho pensato che stavo leggendo un post, in cui si ‘parlava’ di un modo di dire, di un’azione di locuzione verbale. Nello scrivere tutto è bello nitido e conseguente e ben separato, virgole ed apostrofi, dittonghi e doppie…il parlato schiocchiola via più rapido ed impreciso, ma più diretto e puntuale nel giungere a destinazione ….e così quel ‘da d’ora in poi’ mi ha fatto pensare che il ‘d’ora in poi’ di Giosuè non sia un dato temporale, ma una punteggiatura spaziale degli eventi, una bandiera piantata nel flusso, che sancisce un nuovo punto di partenze. Una decisione nitida, quasi una dichiarazione d’impegno…ed allora ci sta anche che esista come sostantivo, come nome di cosa, il dorainpoi … un oggetto impalpabile, che appoggiato nel flusso produce uno scalino, cambiandone il verso e l’intensità.
    avevi detto che da dorainpoi avresti fatto i compiti, ed invece io, che guardo e vedo il tuo dorainpoi lì appoggiato, a smarcare il tuo comportamento futuro da quello passato, ecco, vedo e mi accorgo che ci sei passato sopra e non l’hai ben preso in considerazione. Riconsideralo, quel dorainpoi, tienlo in maggior conto e recupera il filo degli eventi che avevi voluto modificare! Però adesso sì, puoi andare a giocare, ma da dorainpoi prima si studia poi si gioca…
    feste felicifelici!

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