Il rating di legalità è un accreditamento volontario pubblico che riguarda le imprese che operano in territorio italiano, con un fatturato superiore ai due milioni e che dimostrano di avere comportamenti e requisiti di legalità.
Per due buone ragioni.
Le pubbliche amministrazioni, in sede di concessione di finanziamenti, tengono conto del rating di legalità. L’imprese che hanno conseguito il rating di legalità:
Le banche, in sede di accesso al credito bancario, tengono conto del rating di legalità. Le banche:
Possono ottenere l’attribuzione del rating le imprese operative in Italia che abbiano un fatturato di almeno due milioni di euro nell’esercizio precedente alla richiesta, e iscritte da almeno due anni al registro delle imprese.
Il legale rappresentante, gli amministratori, i soci, le figure di direzione apicale non devono essere soggette a misure di prevenzione, cautelari, sentenze, decreti penali di condanna, sentenze di patteggiamento per reati tributari come da decreto legislativo 74/2000 e per reati previsti dal decreto legislativo 231/2001. Inoltre non devono essere stati condannati né essere stata avviata azione penale ai sensi dell’art. 405 codice di procedura penale per reati di mafia. L’impresa non deve essere stata condannata né sottoposta a misure cautelari per illeciti amministrativi dipendenti dai reati richiamati dal decreto legislativo 231/2001. Inoltre, nel biennio precedente la richiesta di rating di legalità:
I provvedimenti che non consento l’assegnazione di una stelletta devono essere confermati con sentenza passata in giudicato. L’impresa deve inoltre utilizzare strumenti tracciabili di pagamento e di transazione per cifre che superano i mille euro.
Per raggiungere il punteggio di due stellette il regolamento prevede il rispetto di tre sui sei requisiti supplementari. Se vengono rispettati tutti i sei requisiti si ottengono due stellette. Questi i requisiti supplementari richiesti alle imprese:
A fini della assegnazione del punteggio viene considerata la denuncia di reati previsti dal Regolamento commessi a danno dell’imprenditore o dei propri familiari e collaboratori, se alla denuncia è seguita l’azione penale.
Dal rilascio, il rating di legalità vale due anni e viene rinnovato su richiesta. L’Antitrust pubblica sul suo sito l’elenco delle imprese che hanno acquisito il rating di legalità e aggiorna le attribuzioni, le sospensioni, le revoche, e le relative durate. L’Antitrust revoca il rating di legalità se vengono meno i requisiti di base necessari per ottenere una stelletta, o diminuisce il numero di stellette assegnate se vengono meno i requisiti supplementari richiesti.
Le imprese interessate devono presentare domanda, esclusivamente per via telematica, seguendo le istruzioni indicate e utilizzando il formulario predisposto ad hoc.
Il rating di legalità è promosso gestito e controllato dall’Antitrust (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato). L’Antitrust una istituzione indipendente che dal 1990 opera in modo indipendente dal Governo e da altre istituzioni politiche. L’Antitrust assicura la corretta concorrenza tra le imprese, contrastando abusi di posizione e di concentrazioni dominanti. Dal 1992 l’Antitrust interviene contro la pubblicità ingannevole e scorretta. Dal 2004 applica la legge sul conflitto di interessi per chi ha incarichi di governo. Dal 2007 tutela i consumatori e dal 2012 le microimprese da pratiche commerciali sleali o disoneste. Dal 2012 in particolare interviene a tutela dei consumatori contro le clausole vessatorie nei contratti.
Il dibattito sulla responsabilità di impresa è forse meno accentuato. Dall’attenzione, a cui abbiamo assistito fino a decina di anni fa, per un tema che si andava affacciando, siamo entrati uno stadio di consolidamento degli approcci, forse meno celebrativo, ma non meno evolvente. Il Global Reporting Initiative – GRI continua ad aggiornare le linee guida generali e di settore, a promuovere la trasparenza e a orientare le imprese verso la sostenibilità. Nel 2010, l’International Standard Organization – ISO ha concluso il percorso durato una decina d’anni arrivando a produrre le linee guida per la responsabilità d’impresa ISO26000. Gli aspetti che mi sembrano affermarsi sono la disponibilità per le imprese di modelli di rendiconto e di verifica, l’attenzione per la continuità dei comportamenti, l’estensione e la precisazione degli approcci. In qualche modo stiamo assistendo ad una fase che potremmo dire di istituzionalizzazione. Gli stessi documenti prodotti dall’EU si muovo nella direzione di una maggiore centralità della responsabilità nella vita dell’impresa: dall’attenzione per aspetti volontari – spesso collocati dalle imprese ai margini delle loro attività, si è passati ad una attenzione per dimensioni e comportamenti in grado di condizionare le strategie di impresa: attenzione per la sicurezza e per le condizioni di lavoro, per l’ambiente e per l’impatto delle attività produttive nei territori, attenzione per la legalità come il Decreto 57 de 20 febbraio 2014 mostra.
L’illegalità e la corruzione uccidono l’economia e il lavoro. L’Italia nel 2013 è risultata al 69° posto nell’indice di corruzione mondiale promosso da Trasparency International. E gli arresti di questi giorni di parte dei vertici dell’Expo di Milano sono sintomo di una situazione da non sottovalutare. In prospettiva, per effetto dell’allarme sociale riguardo alle infiltrazioni mafiose, per le risposte di contrasto che si intensificheranno e per la disponibilità sempre più diffusa delle tecnologie digitali, si può immaginare (si può sperare!) che il rating di legalità possa estendersi anche a imprese con meno di due milioni di fatturato annuo.
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