Ritorniamo agli avvicendamenti.
Dal convegno Avvicendamenti intermedi e apicali nelle organizzazioni (Milano, Spazio Oberdan, 11 marzo 2013), Leonardo Blaes riprende un intreccio questioni, recupera alcune indicazioni e discute una metafora che degli avvicendamenti fornisce una visione decisamente meccanica: avvicendare è come cambiare una lampadina?
Durante il convegno Avvicendamenti intermedi e apicali nelle organizzazioni è emerso un filo conduttore che sottolineava assenza o superficialità nel comprendere e favorire i processi di avvicendamento.
Il contributo di apertura di Claudio Minoia (direttore centrale delle Politiche sociali e cultura della salute del Comune di Milano) mette in luce un aspetto sorprendente: nei settori tecnico-amministrativi pubblici i passaggi di consegne tra figure collocate in posizioni apicali, sono pressoché inesistenti. Affiancamenti, accompagnamenti, sovrapposizioni funzionali sono rari, limitati a formalità piuttosto inefficaci, e così, inevitabilmente, si creano cesure troppo brusche.
Pierluca Borali (psicosociologo e consulente per le organizzazioni) tirando le fila della giornata di studio, ha ricordato che il termine “avvicendamento” non è particolarmente presente nella letteratura organizzativa. E in letteratura non sono neppure frequenti indicazioni dettagliate su come favorire i processi di passaggi nelle posizioni operative, di autorità intermedia e di vertice.
Esiste un ritardo culturale nell’affrontare a tutto campo i processi di avvicendamento. L’organizzazione viene spesso considerata una macchina in cui semplicemente si sostituisce un pezzo vecchio con uno nuovo ignorando elementi come…
Altro tema discusso ha riguardato gli aspetti psicologici ed emotivi dei soggetti coinvolti nei processi di avvicendamento.
Spesso si percepisce uno sorta di remissività nei singoli che subiscono passivamente le decisioni provenienti dalle figure di vertice.
In altri casi viene ignorato il ruolo dei gruppi e delle reti sociali e la loro importanza sia all’interno dei gruppi di lavoro sia nelle relazioni con l’ambiente esterno. Questo aspetto è stato sottolineato da Ivana Pais (ricercatrice dell’Università Cattolica): nei processi di avvicendamento si assiste alla sostituzione di figure professionali mediante la ricerca di profili aventi le medesime competenze, ignorando che i nuovi soggetti entranti non potranno mai avere lo stesso capitale sociale della persona in uscita.
Negli avvicendamenti possono entrare in gioco aspetti conflittuali, lotte per il potere e resistenze al…
I processi di avvicendamento sono interconnessi con il tema dei cambiamenti organizzativi, ma le relazioni tra questi due fenomeni non sono univoche.
In alcuni casi nel corso di un avvicendamento si vivono veri e propri stravolgimenti a causa dei quali numerosi equilibri e punti di riferimento tendono a collassare. Oltre a subire queste derive entropiche, è però possibile utilizzare questi momenti per affrontare nodi critici che sono rimasti ignorati o rimossi come scheletri in un armadio. A questo proposito Pierluca Borali sottolinea come gli avvicendamenti possano essere vere e proprie “opportunità per riannodare i fili”.
Sempre sul tema del cambiamento, in altri casi si cerca di mantenere inalterato l’equilibrio organizzativo sostituendo alcune figure nel modo più sicuro e indolore possibile, approccio riscontrabile nell’articolato sistema di successione adottato da ENI e illustrato da Paolo Marchioni (membro del CdA di ENI). La metodologia usata da questa multinazionale prevede che per ogni manager ci siano più figure professionali (preferibilmente già attive nell’organizzazione) pronte a sostituire in caso di necessità. La prima deve essere in grado di sostituire immediatamente se dovesse presentarsi l’esigenza, la seconda potrebbe essere operativa nell’arco di un anno di preparazione, mentre la terza in un periodo più lungo. In questo modo, grazie ad elaborati contingency plans l’azienda è in grado di garantire un efficace avvicendamento per rispondere a situazioni di emergenza e non solo determinato da pensionamenti, cambi nell’organigramma o altre dinamiche maggiormente prevedibili. La gestione e la pianificazione delle successioni si avvale inoltre di un sistema software di nome Athena che consente di monitorare le diverse posizioni manageriale attive nell’organizzazione. Un ulteriore aspetto interessante in tema di avvicendamenti pianificati riguarda la presenza di due ulteriori punti di attenzione:
Nelle procedure organizzative adottate da ENI si coglie il tentativo di minimizzare gli shock che avvicendamenti non pianificati comporterebbero per il sistema. In questo caso l’obiettivo sembra essere quello di contenere gli effetti di cambiamenti non desiderati. Nonostante le innegabili differenze, Graziano Maino (ricercatore e consulente Pares) suggerisce la possibilità di prendere qualche spunto dalla filosofia gestionale di ENI (e delle diverse forme organizzative che hanno affrontato la questione degli avvicendamenti), per afferrare indicazioni da adattare al settore pubblico e al welfare in modo tale da “discutere di qualche coordinata prima che arrivi il caos” e permettere avvicendamenti meno estemporanei e traumatici. Su una analoga linea comparativa si è mosso l’intervento presentato da Anna Omodei (ricercatrice e consulente Pares) che ha segnalato l’opportunità di considerare lo studio dei processi di avvicendamento nelle organizzazioni religiose al femminile per identificare prassi e indirizzi formalizzati (il tema è anche trattato nel testo “Tra Cambiamenti e Continuità”, pubblicato da Maggioli nel 2013).
Come intervenire, per tempo, nel sostenere i processi di avvicendamento? La formazione può essere una risorsa per le persone coinvolte e per le organizzazioni. Nonostante la crisi economica che limita la spesa per attività formative, durante le fasi di avvicendamento nelle organizzazioni può valere la pena investire in formazione, adottando un ottica sistemica che consideri simultaneamente tutte le forze in campo. La formazione per risultare adeguata deve riuscire a cogliere i nuovi e molteplici segnali: rispondendo a questioni generali e considerando nel medesimo tempo i riverberi nelle organizzazioni coinvolte, offrendo quadri interpretativi e aiutando le persone coinvolte a sviluppare approcci e strumenti utili nelle organizzazioni di provenienza. Ad esempio per le organizzazioni che operano nel settore del welfare, individuando modalità di formazione più in linea con le esigenze e i vincoli che questa fase di riorganizzazione impone. Carmen Primerano (del Settore formazione per le professioni del welfare e terzo settore, Provincia di Milano) ha sviluppato questi spunti nell’ultima parte del suo intervento, concludendo che “i formatori devono avere la capacità di mettere insieme tutti i pezzi con ritmo”.
Il seminario su cui si basa questo bootleg ha fornito un indicazione complessiva: i processi di avvicendamento non sono ancora studiati diffusamente e accompagnati adeguatamente. La gestione degli avvicendamenti in molti casi sembra assimilabile al cambio di una lampadina rotta, se ne getta una e la si sostituisce con quella nuova come se nulla fosse.
A mio parere l’approccio migliore dovrebbe ispirarsi a quello utilizzato nella preparazione di un trapianto d’organo:
In tema di avvicendamenti nei gruppi di lavoro, nei ruoli di coordinamento, nelle posizioni di vertice sappiamo alcune cose, in particolare per alcuni settori produttivi: sappiamo molto delle aziende di famiglia e delle multinazionali. Per altri settori (il settore pubblico ad esempio e il mondo delle imprese sociali) le nostre conoscenze sono agli esordi e così la riflessione sulle modalità e gli strumenti per rendere meno traumatici passaggi che per le organizzazioni – e per le persone che vi lavorano – si rivelano critici, se non dolorosi.
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