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Pensieri, esplorazioni, ipotesi. Un confine incerto tra personale e professionale.

La fatica di prendere appunti per lavoro /10 – I diari di Mankell

Foto per post 10  PAPL

Sono stato incerto se inserire questo post nel ciclo su la fatica di prendere appunti per lavoro (questi i post pubblicati: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9). Sui diari infatti la letteratura è copiosa. Ma resta incontrovertibile che il diario è il luogo dove si prendono appunti. Procedo dunque isolando due passaggi da Il ritorno del maestro di danzadi Henning Mankell. Due snodi essenziali per lo sviluppo della storia, i diari infatti – quello di Herbert Molin la vittima dal passato nazista e quello di Aron Silberstein l’assassino venuto dal passato per vendicare la sua famiglia – sono essenziali per il procedere del racconto: illuminano sequenze che viceversa sarebbero rimaste oscure, e avrebbero reso il romanzo incomprensibile.

Cos’è un diario (per Mankell)

Ancora una volta appunti. Questa volta il supporto, il raccoglitore è il diario. Due diari. Mankell presenta il diario di Herbert Molin (la vittima) e introduce rapidamente quello di Aaron Silberstein (l’assassino).

Dallo scarnissimo diario di Herbert Molin sappiamo che viene tenuto nascosto con cura (tanto che Stefan Lindmann, l’investigatore protagonista, lo trova quasi incidentalmente) e contiene anche alcune fotografie e alcune lettere. Un diario che accompagna la vita di un uomo che ha vissuto nascondendosi, e che, passando attraverso le esperienze della vita non ha avuto la capacità di riconsiderare la sua storia, che fatica ad esprimere i propri sentimenti e a fare della scrittura uno spazio di riflessione. Questo diario è lo specchio della personalità di Herbert Molin: il diario è un promemoria cronologico di avvenimenti vissuti come importanti per la propria esistenza.

Il diario di Aron Silberstein viene utilizzato da Mankell per ricostruire – dal punto di vista dell’assassino – alcune tasselli che colmano lacune informative rendono più comprensibile gli sviluppi della storia e l’azione dei personaggi e per avvicinare ancora di più la complessità esistenziale di questo assassino venuto dall’Argentina.

I diari saranno una fonte di informazioni preziose per gli investigatori, entrano in gioco a complicare, chiarire, e tenere in movimento gli intrecci delle vicende narrate nella crime story. Il diario di Herbert Molin è utile agli investigatori per orientare le indagini, e insieme al diario Aron Silberstein è utile ai lettori che acquisiscono elementi di comprensione diversamente mancanti.
In entrambi i casi introdotti da Mankell si tratta di diari esistenziali che si rivelano fonti – per il lettore e in parte per gli investigatori – per decifrare le intricate vicende che incontrano. I diari raccolgono appunti intimi. Ma in un modo particolare. Il diario nasconde e svela. E questa è una prima annotazione.

Il diario di Herbert Molin, la vittima

Il diario di Herbert Molin, viene scoperto da Stefan Lindman a pagina 172 del romanzo. Poi si chinò e fisso il buco nel pavimento. All’interno c’era un pacco. Quando lo sollevò, vide che era avvolto in un vecchio impermeabile nero. Adesso, Herbert Molin era vicino a lui. Aveva nascosto qualcosa nel pavimento per impedire che qualcuno la vedesse. Stefan posò il pacco sul banco da lavoro e chiese mentalmente scusa a Herbert Molin. Il pacco era legato con una corda spessa. Slegò il nodo e spiegò l’impermeabile.
Aveva davanti a sé tre oggetti. Un grande quaderno nero, alcune lettere legate da un nastro rosso e una busta.

Mankell, 2007, p. 172.

Da pagina 173 a pagina 185 della crime story di Mankell, leggiamo insieme a Stefan Lindman alcune pagine del diario di Molin. Un diario di tipo cronachistico, come diremo più avanti prendendo in prestito da Elias Canetti una classificazione tripartita. Herbert Molin non scriverà mai un diario che lo metta davanti a se stesso! Un diario che inizia nel 1942 quando Molin si arruola nelle SS, che racconta della guerra e della paura, della speranza di tornare in Svezia, un diario che non produce chiarificazioni, ma semmai registra l’odio e una visione ancora più radicale che ha sostituito la paura. Il diario si interrompe nel 1999.

La figlia di Herber Molin, Veronica Molin, che incontra Stefan Lindaman.

“Giuseppe Larsson mi ha detto di aver trovato un diario. Esatto?”
“Esatto” rispose Stefan. “Gli ho dato un’occhiata. Naturalmente appartiene a lei e a suo fratello. Ma ve lo daranno solo quando avranno finito. Adesso è importante per l’indagine.”
“Non sapevo che mio padre tenesse un diario. Sono rimasta sorpresa.”
“Per quale motivo?”
“Perché era un uomo che si metteva a scrivere solo quando era necessario.”
“Molte persone tengono un diario segretamente. Probabilmente l’abbiamo fatto tutti in un periodo o in un altro della nostra vita.”
[…]
“Sapeva che suo padre era nazista?”
Non riuscì a capire se la domanda la avesse sorpresa o meno.”
“Cosa intende”
“Cosa potrei intendere? Nel diario ho letto di un giovane uomo di Kalmar che nel 1942 aveva oltrepassato il confine con la Norvegia per arruolarsi nell’esercito tedesco. Un uomo che poi ha combattuto per Hitler fino alla fine della guerra nella primavera del 1945. Quell’uomo poi ritorna in Svezia. Si sposa, diventa padre, prima suo fratello, poi lei. In seguito cambia nome, si separa dalla moglie, si sposta una seconda volta e si separa anche dalla seconda moglie, e in tutti questi anni rimane un nazista convinto. Se non sbaglio, lo è stato fino al giorno della sua morte.”
“Lo ha scritto nel diario?”
“C’erano anche alcune lettere. E alcune foto. Suo padre con l’uniforme delle SS.”
Veronica Molin scosse il capo.
“Per me è una novità assoluta.”
“Dunque non le ha mail parlato della guerra?”
“Mai.”
“Nemmeno delle sue idee politiche?”
“Non sapevo nemmeno che ne avesse. Quando ero ragazza, a casa non si parlava mai di politica.”
“Comunque si possono esprimere le proprie idee anche se non si parla direttamente di politica.”
“E come?”
“In molti altri modi.”
Veronica Molin rifletté e poi scosse il capo.
“Ricordo che fin da quando ero bambina mio padre qualche volta diceva di non essere interessato alla politica. Non sapevo che avesse idee estremiste. Sapeva nasconderle bene, se quello che dice è vero.”
“È tutto scritto molto chiaramente nel diario.”
“Il diario parla solo di questo? Non ha scritto niente sulla sua famiglia?”
“Pochissimo.”

Mankell, 2007, pp. 222-224.

Diario fonte di informazioni non prefigurabili. Veronica Molin teme che possa rivelare particolari su di lei e quindi cerca di capire quali notizie riporta. Il diario può essere una importante fonte di informazioni non solo su chi lo ha tenuto, ma anche sulle persone che vi sono rimaste impigliate. Il soggetto non è solo colui o colei che parla, è anche costituito dalle parole altrui (Ardoino, Barus-Michel, 2005, p. 276). Il diario raccoglie tracce e fornisce indizi (uno in particolare permetterà di comprendere alcuni sviluppi della storia personale Herbert Molin).

Il diario di Aron Silberstein, il vendicatore

Per la verità il diario di Herbert Molin è preceduto da un altro diario. Anche Aaron Silberstein, l’assassino tiene un diario. Il diario della sua missione vendicatrice. Una pagina per ogni giorno trascorso in Svezia, lontano dall’Argentina. Un diario rivolto ai figli, per spiegare quello che è accaduto e fornire le ragioni della scelta di uccidere con violenza infierendo sul corpo della vittima.

Rimase disteso per un po’. Di tanto in tanto allungava una braccio per prendere la bottiglia di cognac. Ogni volta che beveva un sorso faceva un brindisi silenzioso alla salute di Höllner. Senza di lui, niente di tutto questo sarebbe stato possibile. Senza Höllner non sarebbe mai riuscito a sapere la verità sul colpevole della morte di suo padre. Si alzò dal letto, prese lo zaino e lo rovesciò. Il contenuto si sparse sul pavimento. Si chinò e prese il diario che aveva scritto durante i quarantatré giorni trascorsi in Svezia, una pagina per ogni giorno. Ma le pagine compilate erano quarantacinque. Aveva iniziato a scrivere sull’aereo che lo aveva portato a Copenaghen via Francoforte. Tornò a letto, accese la lampada e si mise a sfogliarlo lentamente. Lì c’era l’intera storia. L’aveva scritta per lasciarla ai suoi figli, ma soltanto dopo la sua morte. Quella era la storia della sua famiglia. Aveva cercato di spiegare perché aveva dovuto fare ciò che aveva fatto. A sua moglie aveva detto che partiva per imparare da alcuni artigiani nuove tecniche di restauro. Ma il suo viaggio in Europa non era stato altro che un viaggio nel suo passato. Nel diario lo aveva descritto come una porta che bisognava chiudere.
Mentre lo sfogliava, fu colto da un dubbio. Forse i suoi figli non avrebbero capito perché il loro padre aveva fatto quel lungo viaggio per uccidere un vecchio che abitava solo in una foresta.
Lasciò scivolare il diario sul pavimento e bevve un altro sorso di cognac. L’ultimo prima di rivestirsi e uscire dall’albergo per andare a cenare. Se fosse tornato a Buenos Aires, Maria lo avrebbe fissato in silenzio con uno sguardo di rimprovero. Ma ora non doveva preoccuparsi. Il giorno dopo sarebbe tornato a casa. Ma quella sera apparteneva esclusivamente a lui e ai suoi pensieri.

Mankell, 2007, p. 157-158.

Un diario confessione per giustificarsi. Un diario-cronaca, indirizzato a ai figli, per spiegare l’enormità del gesto compiuto. Un diario che è ricostruzione di un assassinio, di una vita, e della storia di una famiglia distrutta.

La pratica del diario

Mentre non lavoro a una consegna, ‘perdo tempo’ nella scrittura di un post, poi interrompo anche quella attività per leggere un articolo che mi sembra importante… e mi vengono alcune idee. A questo punto ho necessità di fissare alcuni appunti sul mio diario (un diario virtuale si intende, dove raccolgo note diverse che etichetto e dispongo in contenitori)…

I quaderni d’appunti, le agende e i diari di Elias Canetti

Per comprendere la differenza tra quaderni degli appunti e diari possiamo seguire le riflessioni di Elias Canetti in Dialogo con il terribile partner (saggio contenuto nella raccolta di scritti Potere e sopravvivenza). Il terribile partner è il diario, un contenitore orientato dalla linea del tempo, un contenitore non solo di pensieri e di riflessioni, ma anche di emozioni altrimenti ingestibili, un dispositivo per calmare emozioni ed eccitazioni che travolgono lo scrittore, recinzione che si fa labirinto, scrittura che presenta sé stessi a sé.
I quaderni di appunti hanno lo scopo di fissare le idee che affiorano e distraggono, scritti di getto, senza obiettivi e senza particolari controlli, annotazioni spontanee volte a dare spazio ai pensieri.
Le agende, giorno dopo girono, viceversa consentono di assommare note giornaliere e di costruire la storia personale di chi scrive. Nella prospettiva di Elias Canetti, le agende sono cronistorie individuali che riportano il flusso degli avvenimenti, resoconti che interessano il soggetto dentro il calendario sociale.
Il diario invece è lo spazio non esibito del dialogo, del confronto con se stessi. Un dialogo non necessariamente costante, nel quale avviene uno sdoppiamento fittizio, un rispecchiamento implacabile. Attraverso il diario, il soggetto ricostruisce la sua complessità esistenziale, gli imprevisti e le sue imprevedibilità, le tensioni e le scoperte di sé, la propria storia identitaria.

Le schede-diario di Roland Barthes

I brevi accenni recuperati dall’articolo di Fabio Gambaro, ci raccontano di una pratica di scrittura sdoppiata: si intrecciano l’esperienza intellettuale (professionale) e umana (relazionale) di Roland Barthes.

Per tutta la vita l’intellettuale francese ha sempre lavorato in questo modo, annotando di tutto su piccoli foglietti sparsi, a partire dai quali poi redigeva i suoi libri. Nelle pagine di questo inedito diario si susseguono così annotazioni rapide e concise, immagini fugaci e abbozzi di riflessioni, che poco a poco, oltre a ricostruire la relazione con la madre, scandagliano la geografia del dolore e del lutto […].
Nell’oceano di dolore dominato dall’apatia, dallo smarrimento e dalla noia, la scrittura si propone come “rifugio, salvezza, progetto, breve amore, gioia”.

Gambaro, 2009, p .39.

Sulle schede Roland Barthes annotata di tutto: da materiali propedeutici alla scrittura, alle emozioni, fino ad appuntarsi la sua condizione esistenziali determinata dal dolore per la perdita della madre. Ancora una volta una sorta di diario smembrato, questa volta in forma di appunti, una scrittura che accompagna e contiene l’esplodere della sofferenza.

Il diario di tesi di Rémi Hess

Per chi come Rémi Hess insegna in università e accompagna tesi di laurea e di dottorato, il diario di ricerca è uno strumento di lavoro richiesto al/la laureando/a. Esso consente di fissare riflessioni, intuizioni, ripensamenti È un utile strumento per raccogliere l’incessante lavoro interiore che ciascuno di noi fa quando lavora alla produzione di un testo, un modo per non lasciarsi sfuggire il processo ideativo, emozionale e riflessivo che viceversa andrebbero perso, dimenticato, trascinato via dal flusso delle incombenze quotidiane. Con il diario di tesi invece vengono salvati dall’oblio, estratti dal dialogo endofasico incessante che ciascuno produce e immediatamente si lascia alle spalle.

Consiglio sempre ai miei studenti di iniziare il loro diario di ricerca prima di avviare la compilazione della tesi. Il suo argomento si chiarirà sempre di più.

[…]

Il momento del diario è un momento che lo studente costruisce. Se scrive il suo diario su un taccuino, deve poi dattiloscrivere le pagine da far leggere al suo direttore di ricerca, ma anche agli altri studenti e a persone cui l’argomento interessa. Talvolta le idee sono talmente ben elaborate che lo studente potrà estrarne alcune parti per farle diventare capitoli della propria tesi. Nel diario vengono sviluppati dei ragionamenti, così come vi sono appuntate delle note di lettura e di bibliografia; se lo studente trascorre tre giorni in biblioteca, vi annoterà i libri che avrà consultato. Questo lavoro lo aiuterà nel momento della redazione della tesi nel caso dovesse dimenticare alcune letture che magari hanno una fondamentale importanza per la sua ricerca.

Rémi Hess, 2005, pp. 109-110.

 

Il diario di ricerca allena alla scrittura. Permette di produrre appunti e testi semilavorati, che possono venire inseriti nell’elaborato in costruzione. Un passaggio essenziale nell’uso del diario è la sua rilettura, la ripresa e la sistematizzazione dei temi accennati, in vista di una produzione della tesi (articolo o relazione che sia).
Il diario di tesi inoltre è uno strumento facilita la collaborazione con il/la docente nel corso dello sviluppo della produzione dell’elaborato, consente. (Il diario di ricerca qualcosa che assomma le diverse funzionalità delle note a cui accenno nel paragrafo successivo).
Il diario di tesi inoltre contribuisce a stratificare un guscio (e forse ogni diario già lo è) spazio-temporale riservato a sé e al momento della scrittura.

Il diario di ricerca di Giampiero Gobo

Giampiero Gobo (2001, pp. 127-142) ricapitola i tipi di note etnografiche che chi fa ricerca sul campo dovrebbe adottare per assicurare una corretta metodologia di indagine.

  • Note di osservazione
    Descrivono con cura avvenimenti e attività osservate direttamente dal ricercatore impegnato sul campo. Nella stesura lo sforzo dovrebbe essere indirizzato a preservare la varietà linguistica rispettando i modi di dire e il lessico dei soggetti coinvolti nella ricerca, a trascrivere le conversazioni nel modo più fedele possibile, a fissare gli eventi, le attività concrete, e le pratiche nelle loro fattualità, evitando generalizzazioni.
    Le note di osservazione rispondono alla domanda: cosa è successo e cosa sta succedendo?
  • Note di metodo
    Documentano le attività pratiche, le difficoltà e le soluzioni operative adottate nel condurre la ricerca sul campo. L’attenzione viene mantenuta sulle scelte operative di ricerca e sulle reazioni dei soggetti coinvolti.
    Le note di metodo rispondono alla domande domande: quali difficoltà si sono incontrate e quali soluzioni si sono adottate?
  • Note di riflessione teorica
    Fissano idee, ipotesi, congetture, riferimenti concettuali, spunti teorici da approfondire che a partire dal lavoro sul campo vanno sviluppandosi, distinguono, consentono di ricostruire gli schemi interpretativi che il ricercatore è andato sviluppando nel corso della ricerca.
    Le note di riflessione teorica rispondono alla domanda: come spiegare ciò che viene osservato e le attività che vengono condotte?
  • Note emotive
    Raccolgono le reazioni emotive rispetto a ciò che accade sul campo nel corso della ricerca. Fissano sentimenti, stati d’animo, considerazioni personali. Mettono a disposizione della persona impegnata nelle attività di ricerca materiali per riconsiderare il proprio coinvolgimento, le paure, i pregiudizi, le fatiche, l’evoluzione personale che si è prodotta nel corso della ricerca.
    Le note emotive rispondono alla domanda: quali sentimenti suscitano le osservazioni, le attività, le riflessioni e le emozioni che si vanno sviluppando nel corso della ricerca?

L’insieme delle note compongono un diario di ricerca e di lavoro essenziale per l’elaborazione e la produzione di conoscenze.

Varietà e unitarietà dei diari

Mankell, Molin, Silberstein sono stati pretesti per ragionare della pratica del diario tra dimensione esistenziale e dimensione professionale. Gli aspetti che vorrei sottolineare sono due: il diario è una scrittura personale che può rispondere a esigenze diverse che l’estensore si pone. Il diario è un documento che può essere utilizzato per scopi di ricerca, sia attivandone la redazione con l’obiettivo intenzionale di costituire un deposito di osservazioni e riflessioni, sia utilizzandolo come giacimento di annotazioni raccolte con scopi personali, che tuttavia costituiscono un corpus di informazioni dalle quali ricavare elementi di conoscenza.
L’elemento che accomuna i diari è l’andamento temporale e il fatto di essere raccolte personali di annotazioni più o meno libere, orientate, accurate. Diversi diari: di lavoro ed esistenziali, depositi di appunti e di riflessioni professionali, contenitori di esperienze e di emozioni. Sempre riserve ricchissime per chi le alimenta e per chi ha la possibilità di accedervi.

Il diario protegge.
Il diario custodisce.
Il diario ordina.
Il diario nasconde.
Il diario svela.

 

Riferimenti

Ardoino J., Barus-Michel J., “Soggetto”, in Barus-Michel J., Enriquez E., Lévy A. (a cura di), Dizionario di psicosociologia, Cortina, Milano, 2005, (ed. or. 2002), pp. 273-280.

Canetti E., “Dialogo con il terribile partner”, in Potere e sopravvivenza, Adelphi, 1974 (1972), pp. 57-81.

Gambaro F., “Roland Barthes. Diario di un uomo sopraffatto dal dolore”, in La Repubblica, 27 gennaio 2009, p. 39.

Gobo G., Descrivere il mondo. Teoria e pratica del metodo etnografico in sociologia, Carocci, 2001.

Hess R., Prodursi nella scrittura. Il momento della tesi, Besa, 2005 (2003).

Mankell H., Il ritorno del maestro di danza, Marsilio, 2007 (2000).

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